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3. Lo Statuto del Regno di Sardegna (Statuto Albertino) 4 marzo 1848

Carlo Alberto per la grazia di Dio Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Ecc. Ecc. Ecc. Con lealtà di Re e con affetto di Padre Noi veniamo oggi a compiere quanto avevamo annunziato ai Nostri amatissimi sudditi col Nostro proclama dell’8 dell’ultimo scorso febbraio, con cui abbiamo voluto dimostrare, in mezzo agli eventi straordinarii che circondavano il paese, come la Nostra confidenza in loro crescesse con la gravità delle circostanze, e come prendendo unicamente consiglio dagli impulsi del Nostro cuore fosse ferma la Nostra intenzione di conformare le loro sorti alla ragione dei tempi, agli interessi e alla dignità della Nazione. Considerando Noi le larghe e forti istituzioni rappresentative contenute nel presente Statuto Fondamentale come un mezzo il più sicuro di raddoppiare coi vincoli d’indissolubile affetto che stringono all’itala Nostra Corona un Popolo, che tante prove Ci ha dato di fede, d’obbedienza e d’amore, abbiamo determinato di sancirlo e promulgarlo, nella fiducia che Iddio benedirà le pure Nostre intenzioni, e che la Nazione libera, forte e felice si mostrerà sempre più degna dell’antica fama, e saprà meritarsi un glorioso avvenire.

Perciò di Nostra certa scienza, Regia autorità, avuto il parere del Nostro Consiglio, abbiamo ordinato ed ordiniamo in forza di Statuto e Legge fondamentale, perpetua ed irrevocabile della Monarchia, quanto segue:

Art. 1. – La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi.

Art. 2. – Lo Stato è retto da un Governo Monarchico Rappresentativo. Il trono è ereditario secondo la legge salica.

Art. 3. – Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due Camere: il Senato, e quella dei Deputati.

Art. 4. – La persona del Re è sacra e inviolabile.

Art. 5. – Al Re solo appartiene il potere esecutivo. Egli è il Capo Supremo dello Stato: comanda tutte le forze di terra e di mare; dichiara la guerra: fa i trattati di pace, d’alleanza di commercio e altri, dandone notizia alle Camere tosto che l’interesse e la sicurezza dello Stato il permettano, ed unendovi le comunicazioni opportune. I trattati che comportassero un onere alle finanze, o variazione di territorio dello Stato, non avranno effetto se non dopo ottenuto l’assenso delle Camere.

Art. 6. – Il Re nomina a tutte le cariche dello Stato; e fa i decreti e regolamenti necessarii per l’esecuzione delle leggi, senza sospenderne l’osservanza o dispensarne.

Art. 7. – Il Re solo sanziona le leggi e le promulga.

Art. 8. – Il Re solo può far grazia e commutare le pene.

Art. 9. – Il Re convoca in ogni anno le due Camere: può prorogarne le sessioni, e disciogliere quella dei Deputati; ma in quest’ultimo caso ne convoca un’altra nel termine di quattro mesi.

Art. 10. – La proposizione delle leggi apparterrà al Re ed a ciascuna delle due Camere. Però ogni legge d’imposizione dei tributi, o di approvazione dei bilanci e dei conti dello Stato, sarà presentata prima alla Camera dei Deputati.

[...]

DEI DIRITTI E DEI DOVERI DEI CITTADINI

Art. 24. – Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali di fronte alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammessibili alle cariche civili, e militari, salvo le eccezioni determinate dalle Leggi.

Art. 25. - Essi contribuiscono indistintamente, nella proporzione dei loro averi, ai carichi dello Stato.

Art. 26. – La libertà individuale è garentita. Niuno può essere arrestato, o tradotto in giudizio, se non nei casi previsti dalla legge, e nelle forme ch’essa prescrive.

Art. 27. – Il domicilio è inviolabile. Niuna visita domiciliare può aver luogo se non in forza della legge, e nelle forme ch’essa prescrive.

Art. 28. – La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e di preghiere non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del Vescovo.

Art. 29. – Tutte le proprietà, senza alcuna eccezione, sono inviolabili. Tuttavia quando l’interesse pubblico legalmente accertato, lo esiga, si può essere tenuti a cederle in tutto o in parte, mediante una giusta indennità conformemente alle leggi.

Art. 30. – Nessun tributo può essere imposto o riscosso se non è stato consentito dalle Camere e sanzionato dal Re.

Art. 31. – Il debito pubblico è garantito. Ogni impegno dello Stato verso i suoi creditori è inviolabile.

Art. 32. – E’ riconosciuto il diritto di adunarsi pacificamente e senz’armi, uniformandosi alle leggi che possono regolarne l’esercizio nell’interesse della cosa pubblica. Questa disposizione non è applicabile alle adunanze in luoghi pubblici, od aperti al pubblico, i quali rimangono interamente soggetti alle leggi di polizia.

DEL SENATO

Art. 33. – Il Senato è composto di membri nominati a vita dal Re, in numero non limitato, aventi l’età di quarant’anni compiuti. [...]

DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

Art. 39. – La Camera elettiva è composta di Deputati scelti dai Collegi Elettorali conformemente alla legge.

Art. 40. – Nessun Deputato può essere ammesso alla Camera, se non è suddito del Re, non ha compiuta l’età di trent’anni, non gode i diritti civili e politici, e non riunisce in sé gli altri requisiti voluti dalla legge. [...]

DISPOSIZIONI COMUNI ALLE DUE CAMERE

Art. 49. – I Senatori e i Deputati prima di essere ammessi all’esercizio delle loro funzioni prestano il giuramento di essere fedeli al Re, di osservare lealmente lo Statuto e le leggi dello Stato e di esercitare le loro funzioni col solo scopo del bene inseparabile del Re e della Patria.

Art. 50. – Le funzioni di Senatore e di Deputato non danno luogo ad alcuna retribuzione od indennità.

Art. 51. – I Senatori ed i Deputati non sono sindacabili per ragione delle opinioni da loro emesse e dei voti dati nelle Camere. [...]

DEI MINISTRI

Art. 65. – Il Re nomina e revoca i suoi Ministri. [...]

DELL’ORDINE GIUDIZIARIO

Art. 68. – La Giustizia emana dal Re, ed è amministrata in suo Nome dai Giudici ch’Egli istituisce. [...]

Art. 71. – Niuno può essere distolto dai suoi Giudici naturali. Non potranno perciò essere creati Tribunali o Commissioni straordinarie. [...]

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Fonte: Lo Statuto del Regno di Sardegna (Statuto Albertino) 4 marzo 1848.

L’insurrezione a Venezia e la proclamazione della repubblica

A Venezia, città sotto il dominio dell’Impero asburgico, il 17 marzo una grande manifestazione popolare d’ispirazione indipendentista costringe il governatore austriaco a liberare Tommaseo e Manin e altri patrioti incarcerati nel gennaio precedente; il giorno dopo i cittadini con un’altra imponente manifestazione chiedono e ottengono la formazione di corpi di Guardia civica. Il 22 dello stesso mese l’intera città, con una protesta quasi del tutto incruenta, si libera dal dominio austriaco e proclama la Repubblica di Venezia, con propri ordinamenti democratici, affidata alla guida di Manin e Tommaseo, che durerà fino al 24 agosto del 1849.

Domande

  1. Quali sono gli “eventi straordinari” cui si fa riferimento nella parte iniziale del documento?
  2. Quali sono le prerogative che lo Statuto attribuisce al Re?
  3. Il potere legislativo è considerato una prerogativa delle sole Camere?
  4. Quali sono i diritti che vengono riconosciuti ai sudditi del Regno?

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Descrizione e Analisi

Dopo i fatti di Palermo e la promulgazione l’11 febbraio della costituzione del regno di Napoli, altri regnanti italiani imitano Ferdinando, nel timore che le sommosse si allarghino anche nei loro stati: Leopoldo II firma lo statuto toscano il 15 dello stesso mese, lo statuto piemontese viene approvato il 4 marzo, mentre, infine, il 13 marzo i cardinali e il papa approvano lo statuto fondamentale per il governo temporale degli stati della Chiesa. Dopo la fine del biennio rivoluzionario e la successiva repressione dei protagonisti delle rivolte, solo lo statuto concesso da Carlo Alberto di Savoia non viene ritirato. “Pur con qualche significativa differenza, i testi costituzionali concessi in Piemonte, Toscana, Stato Pontificio e Napoli hanno una struttura comune. Ricalcati sul modello delle costituzioni francese del 1830 e belga del 1831, prevedono un Parlamento bicamerale a cui è attribuito il potere legislativo, composto da una camera bassa elettiva a suffragio censitario e capacitario (cioè con il diritto di voto riservato a chi superi un livello minimo di reddito, individuato attraverso il pagamento di una determinata quota di imposte o possieda particolari qualità professionali e intellettuali, mentre nel caso del Regno di Sardegna è prescritto anche un certo grado di alfabetizzazione) e da una camera alta di nomina regia vitalizia. Essendo carte octroyées (cioè concesse dai sovrani), non sorprendentemente identificano il monarca come il perno centrale dell’architettura costituzionale, attribuendogli l’iniziativa legislativa (insieme al Parlamento) e riservandogli il potere esecutivo, il potere di nomina dei funzionari dello stato, la responsabilità della politica estera, il ruolo di capo delle forze armate”. (domande 1 -2)

“Il Governo, scelto dal sovrano, è responsabile nei suoi confronti e non nei confronti del Parlamento; questo sistema significa che gli statuti non prevedono l’istituto del voto di fiducia parlamentare al Governo, la cui esistenza dipende solo ed esclusivamente dal volere sovrano. Pur con questa curvatura particolare, gli statuti aprono spazi di libertà fino ad allora impensabili, sancendo in alcuni casi anche esplicitamente la libertà di stampa e di associazione; sono la premessa per il riconoscimento di eguali diritti a ebrei e protestanti (come nel caso del Piemonte, in cui una serie di norme emanate tra marzo e luglio del 1848 estendono anche agli ebrei i diritti civili e politici riconosciuti agli altri “regnicoli”, mentre le “Regie patenti del 17 febbraio hanno già concesso l’equiparazione ai valdesi).” (Alberto Mario Banti, Il Risorgimento italiano, Laterza, 2009).

Fra le costituzioni del 1848, lo Statuto Albertino (come venne chiamato convenzionalmente dal nome del sovrano), è sicuramente quello che ha avuto la vita più lunga: nel 1861 diviene la legge fondamentale del nuovo Regno d’Italia e tale rimane fino al 1947, quando viene sostituito dalla Costituzione repubblicana. La carta costituzionale di Carlo Alberto (“statuto” era il termine allora in uso per indicare “costituzione”), ispirata dagli esponenti politici liberali più moderati del governo piemontese, prevede un suffragio (diritto politico) ristretto (solo il 2 % della popolazione), riconosce la religione cattolica come unica religione di stato e ammette un sistema giudiziario direttamente controllato dal sovrano. Più ampie invece le concessioni in tema di diritti civili: è riconosciuto il principio dell’habeas corpus, poichè è garantita la libertà individuale e il diritto alla giustizia, è concessa la possibilità di tenere pacifiche riunioni, di far circolare libera stampa (salvo nei casi contrari alla legge..), mentre la proprietà è considerata inviolabile. (domande 3 – 4)

Il testo dello Statuto Albertino potrebbe essere confrontato con i testi delle Costituzioni repubblicane promulgate dai Governi provvisori di Venezia e Roma tra il 1848 e il ’49 e con la carta costituzionale dell’Italia repubblicana redatta dopo l’esperienza del fascismo, che non apportò modifiche sostanziali allo Statuto piemontese, da un’Assemblea Costituente in cui erano presenti tutte le forze politiche che avevano partecipato alla guerra di Liberazione. La nostra carta costituzionale è accessibile in inglese in http://www.comune.fi.it/costituzione/inglese.pdf