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5. Pregiudizi e stereotipi nei confronti degli italiani emigrati in America : le vignette satiriche su “Jude” nel 1903

Particolare della vignetta apparsa su “ Judge” il 6 giugno 1903 Clicca sull'immagine per ingrandire
Fonte: Particolare della vignetta apparsa su “ Judge” il 6 giugno 1903; riprodotta da G.A. Stella, L’orda. Quando gli albanesi eravamo noi, Rizzoli, Milano 2002, pag. non numerata. Nel disegno integrale anche on-line http://rcslibri.corriere.it/rizzoli/stella/immagini/vignette.spm.

Presentazione

Tra gli italiani immigrati in America c’erano, com’è ovvio, persone di tutti i tipi, eppure abbastanza presto si diffuse lo stereotipo dell’italiano violento, criminale e assassino.

Perché successe questo? Dato che lo stereotipo non nasce dal nulla, studiare le origini di questi pregiudizi e di questa diffidenza, che spesso degenerava in disprezzo, serve a capire le motivazioni che spingevano lo zio Sam della vignetta a guardare perplesso l’arrivo di tanti topi dai bassifondi d’Europa.

Domande

  1. Descrivi la vignetta: soggetti, dimensioni, scritte.
  2. Che oggetti portano con sé i topi che scendono dalla nave?
  3. Che cosa dicono le poche parole?
  4. Che ruolo hanno le immagini nella diffusione di idee e pregiudizi?

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Descrizione e Analisi

Questa vignetta venne pubblicata la prima volta sul periodico umoristico americano Judge il 6 giugno 1903. E’ diventata famosa dopo la pubblicazione del libro di Salvatore LaGumina, Wop! del 1973 (è l’immagine che apre la raccolta) in cui vengono analizzati i pregiudizi nei confronti degli italiani in America. Il titolo del libro significa “without passport” cioè senza documenti: questo era il nomignolo usato per identificare spregiativamente gli immigrati italiani, giocando sul suono della parola, dato che la pronuncia uap richiama la parola guappo. Un altro nomignolo dispregiativo era dago, derivato probabilmente da dagger cioè “coltello, pugnale” sulla base dello stereotipo diffuso sull’italiano violento e portato a commettere crimini.

Il vecchio zio Sam, personificazione degli USA, è qui disegnato sulle banchine del porto mentre guarda perplesso lo sbarco di centinaia di topi con sguardi assassini, molti portano i baffi all’italiana, alcuni tengono un coltello fra i denti, spesso portano la scritta ‘mafia’, ‘anarchia’, ‘assassinio’, ‘socialismo’. Questi erano i pregiudizi sugli italiani.

Gli stereotipi sono generalizzazioni schematiche e largamente condivise. La parola stereotipo è di origine greca ed etimologicamente significa “immagine rigida", dal linguaggio tipografico dove indica la piastra di metallo che serviva da matrice per la duplicazione; da qui si è passati ad un significato metaforico per indicare idee e opinioni ripetute. Studiare storia significa anche conoscere e criticare gli stereotipi, tenendo conto che essi non nascono dal nulla, ma partono da un fondamento di verità e poi tendono a trasformare un caso singolo in regola generale. E’ quello che è avvenuto anche con i migranti italiani.

La comunità italiana negli USA a inizio Novecento era quella che aveva il maggior numero di detenuti in carcere per omicidio; quando poi si diffuse la ‘mano nera’ fatta di estorsori e criminali italiani che gestivano commerci illegali, l’idea dell’italiano sanguinario e criminale si diffuse (nei film di Hollywood del tempo l’italiano è di solito un gangster sanguinario, come l’indiano è selvaggio e il nero è un lavativo sciocco: e il cinema cominciava ad essere una potenze macchina di diffusione di idee). Inoltre gli anarchici italiani ai primi del Novecento furono protagonisti di una serie di attentati dinamitardi; il più grave fu probabilmente quello dell’aprile 1920 contro la Banca Morgan & Stanley in cui morirono 33 perone e molte altre rimasero ferite. I violenti erano una minoranza, ma che faceva molto rumore.

Ragionare su questi temi permette di capire sia la superficialità di mote accuse ‘puriste’ rivolte agli immigrati in Italia oggi (cfr. Content page 1), sia le motivazioni di qualche celebre caso di errore giudiziario a danno degli italiani negli anni ’20 negli USA (cfr. Content page 6).

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