“Oggi raccontiamo a noi stessi, con patriottica ipocrisia, che eravamo ‘poveri ma belli’, che i nostri nonni erano molto diversi dai curdi o dai cingalesi che sbarcano sulle nostre coste, che ci insediavamo senza creare problema, che nei paesi di immigrazione eravamo ben accolti o ci guadagnavamo comunque subito la stima, il rispetto, l’affetto delle popolazioni locali. Ma non è così [...].
Non c’è stereotipo rinfacciato agli immigrati di oggi che non sia stato rinfacciato, un secolo o solo pochi anni fa, a noi. ‘Loro’ sono clandestini? Lo siamo stati anche noi: a milioni, tanto che i consolati ci raccomandavano di pattugliare meglio i valichi alpini e le coste non per gli arrivi ma per le partenze. ‘Loro’ si accalcano in osceni tuguri in condizioni igieniche rivoltanti? L’abbiamo fatto anche noi, al punto che a New York il prete irlandese Bernard Lynch teorizzava che “gli italiani riescono a stare in uno spazio minore di qualsiasi altro popolo, se si eccettuano, forse, i cinesi”. ‘Loro’ vendono le donne? Ce le siamo vendute anche noi, perfino ai bordelli di Porto Said o del Maghreb. Sfruttano i bambini? Noi abbiamo trafficato per decenni con i nostri, cedendoli agli sfruttatori più infami o mettendoli all’asta nei mercati d’oltralpe. Rubano il lavoro ai nostri disoccupati? Noi siamo stati massacrati, con l’accusa di rubare lavoro agli altri. Importano criminalità? Noi ne abbiamo esportata dappertutto. Fanno troppi figli rispetto alla media italiana, mettendo a rischio i nostri equilibri demografici? Noi spaventavamo allo stesso modo gli altri. […] Perfino l’accusa più nuova dopo l’11 settembre, cioè che tra gli immigrati ci sono ‘un sacco di terroristi’ è per noi vecchissima: a seminare il terrore nel mondo, per un paio di decenni, furono i nostri anarchici. Come Mario Buda, un fanatico romagnolo che si faceva chiamare Mike Boda e che il 16 settembre 1920 fece saltare per aria Wall Street fermando il respiro di New York ottant’anni prima di Osama Bin Laden”.
Presentazione
La cronaca quotidiana e l’esperienza personale ci mettono a contatto col fenomeno dell’immigrazione. Terre che in passato erano state zone di esportazione di migranti sono diventate oggi le mete d’arrivo di molti disperati alla ricerca di condizioni di vita migliori. E’ quanto sta accadendo all’Italia. Succede spesso, però, che si abbia una ‘memoria corta’ e che si ripresentino nei confronti degli stranieri gli stessi atteggiamenti ostili e non di rado razzisti che avevano caratterizzato la difficile vita degli italiani all’estero nei due secoli scorsi. Questo brano è tratto dalle pagine iniziali di un libro di successo del giornalista Gian Antonio Stella e, sotto l’apparente leggerezza della forma espositiva, invita a riflettere su pesanti e radicati pregiudizi nei confronti degli immigrati.